Viterbo - Piazza del Comune
 
Piazza del Plebiscito (ma tutti a Viterbo la chiamano piazza del Comune). Qui ci sono il bel palazzo comunale
con i portici ed il giardino, la chiesa di S. Angelo in Spatha ed il palazzo della Prefettura. Dalla piazza partono 4 vie:
via Ascenzi (ex via Littorio, ex via della Repubblica, ex via Giacomo Matteotti) che scende verso piazza del Sacrario
e la valle di Faul; via Roma (ex via dell'Indipendenza), che porta alla piazza delle Erbe;
via Cavour, dirimpetto al palazzo comunale, che sale verso piazza Fontana Grande e Porta Romana;
via san Lorenzo, che si addentra pian piano nel quartiere medioevale di san Pellegrino.
 
 
Il Palazzo Comunale
 
“Il Palazzo del Comune si compone attualmente di due grandi corpi di fabbrica: quello detto degli Uffici a destra di chi entra nella piazza
da Via Cavour, l’ altro propriamente detto del Comune, di fronte. Quello degli Uffici era il palazzo del Podestà, quello del Comune dei Priori;
ed essi insieme a quello del Capitano del Popolo, con cui formano i tre lati del rettangolo, furono cominciati a costruire alla metà del secolo XIII ”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, pp. 90-91)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Interno del Palazzo Comunale
Dalla scalea del portico si sale al primo piano del palazzo: a destra si trova la Cappella del Comune e a sinistra si apre
una fuga di quattro sale. La cappella fu affrescata da Filippo Caparozzi nella prima metà del Seicento.
Il quadro d’ altare raffigurante l’ Ascensione di Cristo, opera dello stesso Caparozzi andò distrutto in un incendio
scoppiato nel palazzo nel 1817 e fu sostituito con la Visitazione dipinta da Bartolomeo Cavarozzi, altro illustre pittore viterbese.
 
La prima sala del Palazzo è detta della Madonna per la presenza di una immagine della Vergine col Bambino opera del viterbese
 Giovan Francesco d’ Avanzarano detto il Fantastico.
 
“Le altre pitture che decorano la sala, posteriori all’immagine di oltre un secolo, giustificano anch’ esse il nome che le fu attribuito, giacchè
illustrano i fatti che diedero vita al famoso Santuario della Madonna della Quercia”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, p. 97).
 
La seconda sala è detta sala Regia o Aula Herculea “degna di fissar l’ attenzione per le egregie pitture che la decorano, venne sullo
scorcio del cinquecento, data a dipingere a Baldassarre Croce di Bologna, valente allievo del Caracci, il quale, per ordine dei Priori,
dovette rappresentarvi una sintesi di tutte le glorie, storiche e favolose, che allora s’ attribuiva a Città”.
(C. PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, 1916, pp. 62)
 
La terza sala è detta del Consiglio perché sin dalla seconda metà del XVI secolo fu destinata alle riunioni del
Consiglio comunale: “benché alquanto disarmonizzata dall’ arredamento odierno che le toglie una gran parte della maestà primitiva,
pure conserva ancora una certa impronta di altezzosa severità nell’austera impalcatura, nei nudi e angusti stalli che ricorrono intorno
alle pareti [...] nel 1558 le pareti della sala furono date a dipingere, a soli chiaroscuri per non scemarne l’ austerità, a maestro Teodoro,
siciliano, al quale venne imposto di rappresentarvi i magni Eroi che, dai tempi più buj della preistoria fino a que’ giorni, erano in voce
di aver contribuito all’ incremento della Tetrapoli viterbese: e ciò per ricordare ad ognuno di quali glorie peregrine andasse orgogliosa la Città.”
(C. PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, 1916, p. 64).
 
La quarta sala è detta dei paesaggi e fu ristrutturata nel XVIII secolo. Da questa stanza si accede all’ ala del palazzo cominciata
a costruire verso il 1574: vi si trovano stanze destinate “ai ricevimenti pubblici e privati della Municipale rappresentanza”
(C. PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, 1916, pp. 63-66).
 
La Sala dell’ Aurora è così chiamata dal tema del dipinto del soffitto realizzato da Felice Ludovisi nel 1953 in
sostituzione di una precedente opera, sempre raffigurante l’ Aurora, realizzata dal viterbese Pietro Papini nel 1789.
La sala successiva è la sala cosiddetta dei Matrimoni o delle Colonne perché vi si trovava una copia dell’ affresco di
Lorenzo da Viterbo raffigurante lo Sposalizio della Vergine, eseguita dal viterbese Pietro Vanni nel 1889, poi spostata nella
sala del Trono. Nella Sala del Trono o sala rossa, oggi ufficio del Sindaco si trovano varie opere tra le quali, nel soffitto,
un dipinto raffigurante l’ allegoria della città di Viterbo di Vincenzo Strigelli datato 1760 e “ insieme ad altre pitture del vani stesso,
si ammira il quadro che è il migliore dei suoi dipinti La Peste di Siena che già figurò nella Galleria Nazionale d’ arte Moderna in Roma”
(A. SCRIATTOLI, I monumenti di Viterbo, Viterbo, 1929, p. 39).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Chiesa di S. Angelo in Spatha
 
La chiesa di Sant’ Angelo in Spatha, che deve il nome ad uno dei suoi patrocinatori, è una delle chiese più antiche della città;
“in origine non fu che una piccola pieve del Vico Biterbo, cioè di una borgata che prima della formazione della città sorgeva fra l’ attuale
piazza del Seminario e quella del Comune, località detta in antico Prato Cavallucolo. Non credo si abbiano notizie sulla sua origine".
Una epigrafe comunque ricorda la consacrazione della chiesa da parte di Eugenio III nel 1145 e costituisce “il più antico
documento epigrafico in cui figura il nome del Burgo Biterbo ove la chiesa era situata”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, pp. 85- 88).
 
 
Il sarcofago della Bella Galliana
 
Sulla parte destra della facciata della Chiesa si conservava il cosiddetto sarcofago della Bella Galiana (o Galliana) (vedi Porta Faul),
un pregevole sarcofago di epoca romana con la raffigurazione della caccia al cinghiale Calcedonio che dal 1988, per ragioni conservative,
è stato sostituito con una copia ed ora si trova nel Museo Civico.

“In quell’ urna, una graziosa leggenda popolare vuole sepolta la Bella Galiana, donna celebrata per la sua rara bellezza e vissuta intorno alla metà del secolo XII "
(C. PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, 1916, pp. 55-56).
 
 
 
 
 
 
 
La Torre dell'Orologio
 
La Torre dell’ orologio “che ne’ suoi 44 metri di altezza si eleva esile come quella del Mangia, pura come la Garisenda,
non è che la figliuola d’ una più antica madre, innalzata sulle ruine di questa nel 1478”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, pp. 93-95).
 
 
 
 
Il giardino comunale
 
La Porta centrale del Palazzo Comunale immette in un cortile “foggiato a portico con loggia e balaustrata soprastante”
realizzato come attesta un epigrafe nel 1632.

Al centro del cortile si trova una fontana realizzata su disegno del pittore viterbese Filippo Caparozzi dagli scalpellini Antonio
Pieruzzi e Agostino Prosperi e che sulla tazza inferiore riporta lo stemma di governatore di Viterbo Gerolamo Grimaldi.
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, pp. 93-95).

In alcune cartoline la fontana viene attribuita al Vignola.